martedì 17 maggio 2011

Gli eroi di Big Sur




Il Nostro Eroe ha avuta una di quelle giornate, come le hanno tutti. Però ne ha avuta una di troppo. Così, dopo aver gettato altre ore inutili giù per il cesso del “meglio fare qualcosa oggi per non pentirsene domani”, decide che ne ha piene le palle. Ha sacrificato ore e ore che nessuno gli darà indietro, e nemmeno lo hanno pagato –ma se lo avessero pagato, sarebbe cambiato qualcosa? Quelle ore sarebbero tornate magicamente indietro?
Il Nostro Eroe ne ha piene le palle, così butta in valigia le prime cose che trova, mutande, calzini, spazzolino, getta tutto in macchina e riparte. Non hanno nemmeno provato a fermarlo. A questo punto, comunque, non sarebbe servito a molto.
Ed eccolo sull’autostrada, giornata nuvolosa, qualche goccia sul parabrezza come se Dio farfugliasse qualcosa ma non riuscisse alla fine ad esprimere il concetto –ed è di quel concetto lì, che il Nostro Eroe avrebbe bisogno. Ma visto che non c’è, punta verso la sua Big Sur.

Digressione (se volete, potete pure saltarla. Io la scrivo lo stesso perchè mi piace, la birra scende bene e la notte non ha nessuna fretta).
Tanto tempo fa uno scrittore chiamato Jack Kerouac scrisse un libro intitolato “Big Sur”. Big Sur si trova in California, non lontano da San Francisco. Ex rifugio per poeti e Beat, oggi posto “in” per le vacanze di ricchi coglioni –il tempo rovina anche i luoghi, oltre che le persone.
Il libro racconta di Kerouac che, diventato famoso dopo la pubblicazione (drammaticamente tardiva) di “Sulla strada” (o “On the Road”, se preferite: io preferisco), si era un po’ perso tra fan, critiche lecchine e megasbronze, così salta su un treno verso San Francisco e accetta di passare un po’ di tempo da solo nella capanna di un amico, nell’isolatissima Big Sur. Lo fa per ritrovarsi, per scrivere, per respirare. Anche lui, come il Nostro Eroe, ne ha le palle piene.
I primi giorni scorrono che è una bellezza: vita semplice, pasti regolari, meditazione, esplorazioni, dare un nome a tutte le cose. La notte Jack va sulla spiaggia, davanti all’oceano spaventoso e affascinante, e scrive un lunghissimo poema chiamato appunto “Mare”. Gli uccellini cinguettano, Buddha sorride, le ragazze non mancano nemmeno troppo. Poi succede qualcosa. Forse Jack si rompe le palle. Si rompe le palle dell’averne piene le palle, e così molla la sua bella capannetta a Big Sur, che tante piccole gioie gli aveva regalato –gioie che lui aveva provato a descrivere, prima di ricadere in uno dei soliti inferni, e che ci fanno pensare che forse, prima di inabissarsi dentro l’ultimo giro di oceano, tutti noi ci meritiamo una benefica, dolce, privata Big Sur.
Fine della digressione.

Il Nostro Eroe è al supermercato. Ha fatto la spesa, per resistere qualche giorno nella sua solitudine. Roba di prima necessità, come la cassa di birra in offerta a 9 euro.
Adesso è pronto per la sua Big Sur. Arriva, parcheggia, apre il cancello mezzo rotto. Si fa strada nel giardino incolto. Una volta dentro, accende la luce e illumina covoni di polvere e stanze vuote. Manca l’acqua. Le stanze sanno di umidità.
Il Nostro Eroe sente di essere arrivato finalmente dove doveva.
Pensa un po’ a Jack, che era l’eroe della sua adolescenza. Ma Jack non era un eroe, e nemmeno il Nostro Eroe lo è. Sono parole che non vogliono dire niente, in una sera di maggio che lentamente affonda nel mare. Magari un eroe è uno che si porta avanti la vita che gli è capitata finchè ce la fa- e quando non ce la fa, allora deve fermarsi da qualche parte per tirare il fiato. Qualcuno che, mentre tutti lo tirano da una parte o dall’altra per dirgli come vivere la sua vita, ha bisogno di silenzio e cielo per ricordarsi che quella vita è solo sua.
Qualcuno che forse non scriverà poemi sul mare, ma stasera aveva voglia di venire fin qui, in una stanza dalla quale l’orizzonte si perde, e mettere giù queste parole mentre beve una birra in offerta e tutto quello che pensa è –nonostante tutto, ancora vivo.
Saluti da Big Sur,
un Eroe.

1 commenti:

Jack Duluoz ha detto...

Ahh, che meraviglia quel libro..