sabato 7 aprile 2012

Santi di Big Sur (anche a Pasqua)





Una volta a Pasquetta eravamo invitati in un posto noioso con gente noiosa, quindi siamo usciti, abbiamo comprato una cassa di Heineken, e tutto quello che ricordiamo è che la padrona di casa aveva fatto sapere che da lei non avremmo più messo piede.
Un’altra volta eravamo vicino al mare, avevamo un frigo con 100 birre e delle ragazze carine che sapevano ballare e avevano culi sodi. Ci siamo divertiti, prima di finire a vomitare nella spiaggia al tramonto. Romantico, a modo suo.
A Roma col mio compare avevamo provato a fare dei burritos, e per restare in tema avevamo preso anche una bottiglia di Jose Cuervo, e mentre cucinavamo facevamo sale&limone e bumbum finchè non abbiamo deciso di lasciar perdere quei fottuti burritos e siamo rimasti a ridere come deficienti.
Non so come sono messi gli altri cristiani, ma noi abbiamo un certo modo di celebrare la Santa Pasqua.

Ma non c’era solo la Pasquetta. Il 25 ci davamo sotto lo stesso. Per noi religione e politica meritavano entrambe.
Una volta abbiamo giocato ad Axis and Allies, un gioco da tavola, per qualcosa come 14 ore, finendo una cassa e mezza di birra, qualcuno che fumava, le ore che gocciolavano via sotto il sole splendido di primavera.
Coi ragazzi dell’Opg nella mia Big Sur sul mare, ad arrostire carne (grazie ad Elisa), a mettere su sempre gli stessi cd, a parlare e finalmente dimenticare e poi passeggiare in riva al mare, stanchi come bambini, pance piene teste vuote niente da fare.
L’anno scorso al mare, poche idee per il futuro, le birre che ci passavamo solo io e Miki mentre gli altri no no, per me basta così, e poi alla fine una carbonara cucinata da un vero chef, che cercavamo invano di mischiare al Tavernello ormai caldo per ridarle dignità.
E poi Simona che mi dice vieni, mi dice esci dai, a me non va ma poi esco lo stesso, ed in macchina mi presenta 3 suoi amici, il Caso lavorava per una volta a nostro favore, e mentre bevevamo il vino forte che aveva portato Manu e ridevamo con Gianka e ricordavamo con Ste, ci sentivamo fortunati per delle mezz’ore intere.

Perchè racconto questo? Perchè Big Sur era anche là, era già là. Erano quelle giornate, quell’aria, quel sole, qualcosa da mangiare, in mano sempre un bicchiere, qualcosa da fumare, chiacchiere sotto il sole, occhiali da sole e pose da duro, bagni prematuri, risate cazzone e a fine serata tutti a casa, e mentre tutti dormivano io scrivevo poesie, scrivevo storie, perchè il vino per me era solo una parte del tutto, scrivevo blues, scrivevo porcate, scrivevo cose eccitanti e mi toccavo pene e anima, scrivevo perchè a Big Sur c’era vita anche quando stavamo morendo, e noi di quella vita avevamo un bisogno disperato, più delle donne che corteggiavamo o del prossimo bicchiere o del sole. Beh, quasi.

Big Sur era allora, Big Sur non è mai finita. Ora che sono fisicamente lontano, ci torno per scrivere. Big Sur è ritmo, è rock, è quella musica da fine di una giornata alla grande. E’ quel tamtam che non ti lascia, che non si può andare a dormire nonostante la sbronza e il sonno, aprire le finestre e gridarlo a tutto il mondo, gridare vaffanculi e rime baciate, girare nudi tra una stella e l’altra.
Perchè la vita si incontra raramente e quando succede te la bevi tutta, e fanculo a quelli che no no, per me basta.

Ma poi c’era la mattina dopo, vero Jack? Ci si svegliava, ci si grattava la testa. E’ successo veramente? Tutto tornava al suo posto. Era un segreto tra te e la notte.
E poi c’era quella cosa che esigeva conto e pazienza, quella cosa con le sue scadenze e i suoi domani e dopodomani, che qualcuno chiamava futuro e per noi era solo malditesta e tristezza.
Eravamo santi, allora? Siamo morti, adesso?
Ci creavamo miti, e su quei miti campavamo per mesi. Rifacciamolo dai! –come a dire, riviviamolo. Ma la vita era già andata via e noi dovevamo badare a quel che c’era da fare. Lavoro università casa famiglia.
Ora che da Big Sur sono lontano, che sono stato nel giardino a prendere il sole e ora mi siedo con un vino che non sappia d’aceto, sembra chiaro a tutti tranne che a me.
Sono santo, adesso? Ero morto, allora?
Il punto, Jack, è che avremo sempre delle risposte che sono quelle giuste finchè non capiamo che sono sbagliate. Ma a quel punto, la domanda non ha più senso.
Qual’è la domanda ora? Qual’era allora? Ora che siamo sparsi per il mondo, che tu ti affacci a Big Sur ed io invece ci sono stato per anni? Che le persone delle mie Pasquette di Big Sur sono da qualche parte, a passare dei giorni che spero alla grande, che tirano avanti e cercano di definire questo futuro senza farsi fottere dalla paura e senza farsi fottere da quelli che glielo definiscono per loro e senza farsi fottere dai ricordi e dal com’eravamo e senza farsi fottere dalla difficoltà a tirarsi fuori dal letto al mattino?
Ci sarà sempre qualcuno pronto a farci i conti in tasca, a dirci come stiamo andando, cosa ancora dovremmo fare, perfino a quando festeggiare.
Per questo il vero Jack era fuggito a Big Sur. Non erano stati i soldi o l’Ikea, ma il fatto che gli altri pensassero che lui era tutto lì. Doveva ricominciare, e per farlo aveva bisogno di quelle giornate.

Il futuro è una brutta rogna e il presente è un lusso. Per questo noi ci beviamo su. Con gli occhiali da sole, in un angolo del giardino, con quell’aria di chi sa tutto quando in realtà non sa un cazzo. Quell’aria divertita perchè ancora non è finita, non è mai finita, e finchè non è finita noi siamo qui a ballare, a palpare baciare succhiare, siamo qui a ridere, a sperare, siamo qui a bestemmiare.
Siamo qui, prima di essere lì.
E’ quello che conta.
Buona giornata, ragazzi.

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