lunedì 18 maggio 2015

"Revival", Stephen King

“Religion is the theological equivalent of a quick-buck insurance scam, where you pay in your premium year after year, and then, when you need the benefits you paid for so—pardon the pun—so religiously, you discover the company that took your money does not, in fact, exist.”

Nei primi anni ’60, Jamie Morton è un ragazzino che gioca con i soldatini davanti casa, in una piccola città del New England. Da lì a poco conoscerà il reverendo Charles Jacobs, il nuovo pastore della congregrazione. Jacobs si dimostra persona affabile, bravo con i bambini, e con un particolare interesse per la scienza, in particolar modo per l’elettricità. Tutto fila liscio finchè un tragico incidente non fa deragliare la vita del reverendo Jacobs dai soliti binari, e lui non è costretto a lasciare la città. Col tempo, Jamie diventa un musicista di una certa fama e, preso dalle sue cose, si dimentica completamente del reverendo Jacobs e dei suoi giochetti con l’elettricità, ignorando che le loro strade sono destinate a incrociarsi nuovamente, e in maniera inaspettata...
Revival” (Hodder & Stoughton) è un altro prodotto 100% Stephen King, dove, sin dalle prime righe, si può incontrare quello stile che ha affinato con gli anni e con decine e decine di romanzi, e nel quale ormai si muove completamente a proprio agio, e tale fa sentire anche il suo lettore. Il suo modo di scrivere, ormai diventato un classico, è confortevole, rassicurante, nonostante miri a creare suspense e orrore. E in questo “Revival” fallisce, laddove tanti altri romanzi del Re sono riusciti: non si avverte, infatti, quella tensione che poi dovrà sfociare nell’orrore finale, preannunciato già dalle prime pagine (il libro è scritto sotto forma di confessione in prima persona). Da fan di lunga data di King, ho trovato la “preparazione” al finale troppo lunga, sottotono, a volte persino fuori traccia. Al confronto, il finale è troppo breve, e non molto sorprendente.
Quello di King è un omaggio ai grandi scrittori horror classici, da Mary Shelley a Lovecraft, e questo si avverte sia nella tematica scelta che in alcune scelte stilistiche –giustificando (parzialmente) la macchinosità di alcuni passaggi.
King è soprattutto un ottimo storyteller, anzi uno dei migliori assoluti in circolazione. E’ bravo a creare atmosfere credibili e personaggi realistici, nei quali i lettori riescono ad identificarsi. Il suo trucchetto, per creare personaggi per cui fare il tifo, sta nel mostrare impietosamente le loro debolezze: anche in “Revival”, è la dipendenza da eroina di Jamie a farcelo vedere più umano, e farcelo piacere ancora di più. Il rapporto di Jamie con i familiari, il suo amore adolescenziale, tutto è descritto con la mano esperta di chi sa il fatto suo quando si tratta di raccontare storie. Per non parlare della parte “musicale” della storia, che mostra ancora una volta la passione che il Re ha sempre nutrito per il rock.
La parte che mi ha attirato di più di “Revival” è quella legata alle domande che solleva. King ha esaminato già in altri libri il suo rapporto con Dio e con la fede. Alcuni dei suoi romanzi sono più positivi rispetto alla religione, altri no. “Revival” cade decisamente nella seconda categoria. Nonostante i toni leggeri con cui si apre, è un libro cupo, dal finale disperato. Alla bocca del reverendo Jacobs sono affidati i dubbi su Dio. Esiste? Come facciamo ad esserne così sicuri? E quando ci succede qualcosa di terribile, possiamo continuare a credere, come se niente fosse successo? La crudeltà rientra nel disegno divino, o siamo noi umani che vogliamo a tutti i costi trovare una giustificazione al dolore?
La gente ha bisogno di miracoli, dice ad un certo punto il reverendo Jacobs, per non dover pensare che la vita sia solo un passaggio dalla culla alla tomba. Per poter credere che ci sia qualcos’altro.
Cos’è, allora, questo “qualcos’altro”? Se foste messi in condizione di poterlo scoprire PRIMA di morire, lo fareste?
Per tutti questi motivi, “Revival” è un libro interessante, anche se decisamente non uno dei migliori del Re, e che potrebbe lasciarvi un po’ di amaro in bocca alla fine.

Consigliato a:
i fan del Re; gli appassionati dei racconti di Poe, Shelley, Lovecraft; chi desidera un libro scorrevole e non ha troppa fretta.

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